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Realizzato nella sua attività, approdato ormai cinquantenne nella sicurezza affettiva di una famiglia la sua vita sembrava incamminata nel più felice dei modi, ma, dopo pochi anni la Seconda Guerra Mondiale ne scardinò di nuovo progetti e serenità.
La notte dell’Immacolata del 1942 un bombardamento distrusse il suo bellissimo studio e la sua abitazione con tutto quanto in essi contenuto: restarono con gli abiti che avevano addosso.
Ma, quella stessa triste mattina lui andò subito a ricomprarsi colori e pennelli come un giovane studente di belle speranze ; a cinquantacinque anni il suo entusiasmo e la sua passione non erano stati distrutti, dipingere era la sua vita e lui avrebbe dipinto sempre e comunque nelle difficoltà e nei disagi dello sfollamento per poi ritornare a Torino alla fine della guerra e... RICOMINCIARE!
Non c’erano difficoltà che potessero scoraggiarlo quando dipingeva non sentiva fatica, per questo riuscì a ricoprire di affreschi centinaia di metri quadrati di pareti e volte, arrampicandosi su ponteggi altissimi fino ad ottanta anni.
Poi, per riposare, camminava per campagne, montagne e spiagge “a caccia” diceva lui, di soggetti da dipingere. Divoratore infaticabile di libri, passava a volte gran parte della notte a leggere, amante di ogni forma di spettacolo seguì tutta la vita teatro, cinema e poi anche la televisione.La tecnica, il progresso lo affascinavano: all’inizio del 1900 fu tra i primi a comperarsi una radio a galena e… moltissimi anni dopo, guardando alla televisione la discesa del primo uomo sulla luna, ricordò con grande emozione, quando ragazzino in Piazza d’Armi a Torino si sdraiava per terra per poter vedere di quanto i fratelli Wright sarebbero riusciti (tempo permettendo)ad alzarsi in volo!
Il suo studio sempre molto spazioso, illuminato da un ampio lucernario rigorosamente esposto a Nord, da cui dosava la luce con sapienti giochi di tende chiare e scure, era aperto ad allievi, pittori, modelle, amici, chi veniva per un ritratto o per vedere quadri o semplicemente per fare un saluto, si dipingeva tutti insieme, ascoltando musica e parlando di mille argomenti.
Alle cinque, immancabilmente veniva servito il tè, una consuetudine che Amelia Masciolino aveva portato dall’Inghilterra dove aveva studiato alcuni anni. Era un uomo aperto che stava bene con la gente e la gente stava bene con lui.Così è stato fino all’ultimo giorno di vita: il 17 aprile 1974.
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